Dunque la volta scorsa avevamo fatto giusto la definizione iniziale di epilessia.
Come diciamo noi neurologi, una rondine non fa primavera: tutti possono andare incontro ad una crisi epilettica (crisi epilettica occasionale che non è affatto epilessia) Per parlare di epilessia è necessario che vi siano caratteristiche ben definite, la prima delle quali è la ripetitività degli episodi, la ripetitività delle manifestazioni cliniche.
Le crisi epilettiche hanno breve durata, per fortuna, poiché compiendosi in assenza di respirazione ed ossigenazione sarebbero pericolose per la vita e possono essere seguite da una fase post-critica anche di alcune ore.
Abbiamo distinto le crisi in un'ampia classificazione elettro-clinica e crisi generalizzate & polifocali o parziali. La discriminante è la perdita di coscienza.
- Nelle crisi generalizzate, da un punto di vista elettrico, si ha un coinvolgimento sin dall'inizio di entrambi gli emisferi cerebrali, come del resto si vede dall'eletto-encefalogramma, e le manifestazioni motorie se presenti sono bilaterali e di solito abbastanza simmetriche.
- Nelle crisi focali o parziali, dal punto di vista elettrico, almeno inizialmente c'è un interessamento limitato di un emisfero anzi più precisamente di un focolaio (come è rilevabile ad EEG) e se ci sono manifestazioni motorie sono limitate ad un emi-soma. Le forma parziali sono a loro volta distinte in semplici e complesse a seconda della presenza di un restringimento di vari gradi, anche massimi, dello stato di coscienza. Cosa si intende per restringimento dello stato di coscienza? Si intende una perdita di contatto con l'ambiente, il soggetto non è responsivo, non ha consapevolezza. Possono esserci manifestazioni motorie, di solito discrete, per esempio molto frequenti sono gli ammiccamenti ovvero contrazioni orbicolari delle palpebre oppure una certa attività automatica motoria (es il paziente continua a controllare se è abbottonato oppure no, accendono e spengono il cellulare, portano alla bocca una sigaretta immaginaria; insomma una serie di automatismi motori)
- FOCUS SU PUNTO 1. Abbiamo visto, pertanto che al punto 2 vi sono manifestazioni motorie. Al punto 1 (crisi generalizzate) non ci sono manifestazioni motorie; o almeno non obbligatoriamente. Perché tale assenza? Cosa intendiamo per tale assenza? La crisi generalizzata è infatti un classico esempio di epilessia che tutti noi non abbiamo in mente. Noi solitamente, quando si parla di epilessia, abbiamo in mente il soggetto che cade a terra, una crisi eclatante da un punto di vista motorio, il soggetto che si scuote. Ma questa è una crisi detta di "grande male", tonico-clonica. In realtà le crisi generalizzate si possono svolgere in assenza di manifestazione motoria, ove per assenza si intende una perdita di contatto di cui il paziente non conserva memoria, non conserva il ricordo. Dura poco, qualche secondo, circa 30 secondi. A volte, sì; la crisi si accompagna a qualche clonia dell'orbicolare delle palpebre. [ Mioclonia +++ Contrazione involontaria che colpisce, talvolta ritmicamente, un muscolo o solo alcuni fasci muscolari ].
Vi sono alcune varianti. Assenza atonica, quando c'è una risoluzione, una perdita del tono posturale. Assenza a componenti toniche o ipertoniche in estensione e flessione. Qualcuno identifica anche assenze con componenti vegetative. Vi dico fin d'ora che queste assenze sono frequenti nei bambini, tale forma spesso riconosciuta dalle maestre, in età infantile-scolare.
Adesso invece vediamo le crisi generalizzate tonico cloniche dette di grande male. Da cosa sono caratterizzate? Il paziente perde coscienza e la perde in maniera improvvisa, non preavvertita; a volte preceduta da un grido (il grido del pavone), poi cade a terra; cadendo all'improvviso si fa male. In sede di raccolta dell'anamnesi è importante sapere che il paziente si è fatto male: non ha avuto il tempo di sedersi o di essere aiutato. Poi abbiamo una contrazione tonica (fase tonica), che comporta un irrigidimento del paziente ed anche un serramento della mandibola tale per cui la lingua può essere ferita, emissione di bava sanguinolenta, molto frequente (addirittura il paziente si taglia di netto la lingua, il cosiddetto morsus. Nella fase tonica si spiega la perdita di urina (rilievo anamnestico: il paziente ha perso le urine? Talvolta anche feci). Ad un certo punto da questa fase tonica, caratterizzata da irrigidimento ovvero da un tetano completo, il paziente passa a delle contrazioni cloniche, il tetano quindi si fa incompleto; e comincia ad avere queste scosse ad entrambi gli arti (stiamo parlando di epilessia generalizzata) con una durata grosso modo di uno-due minutini. Segue poi una fase in cui il paziente è completamente inerte, addormentato; di fatto in coma: si parla di coma post-critico e può durare anche parecchie ore. Quando il paziente si sveglia la prima cosa che fa è chiedersi dov'è, cosa sia successo, poichè non ricorda assolutamente nulla di quanto accaduto; è piuttosto confuso e può avere mal di testa. Questa è la cosiddetta crisi tonico-clonica completa. Sappiate che può esservi una crisi tonica nella quale mancheranno le scosse, quindi la componente clonica. Oppure ci può essere una fase direttamente clonica, nella quale manca il precedente irrigidimento. O addirittura a-tonica: il paziente non si irrigidisce neanche ma immediatamente perde il tono posturale e rimane flaccido. Sono varianti della grande crisi, di grande male. Infine c'è anche una crisi di grande male detta mio-clonica, non solo grandi scosse cloniche ma mio-clonie più discrete degli arti e quando interessano quelli inferiori possono determinare la caduta del paziente. Di solito il paziente cade fuori dal poligono di appoggio: non si affloscia ma tende a cadere proiettato fuori dal poligono di appoggio.
- FOCUS SU PUNTO 2. Le crisi parziali (punto 2), abbiamo detto, decorrono con una conservazione della coscienza che può essere ristretta fino agli estremi gravi, ma MAI PERSA. Qui è facile ricordare quali sono i segni e i sintomi perchè essendo crisi parziali o focali, devono avere un focolaio, un punto in cui origina la scarica. A seconda di dove esiste questo focolaio epilettico possiamo risalire ai disturbi. Quando il focolaio epilettico sarà localizzato vicino alle aree motorie, quindi la circonvoluzione frontale soprattutto ascendente, avremo delle crisi motorie. Queste crisi motorie si chiamano anche Jacksoniane, dal nome dell'autore che le ha descritte. Da cosa sono caratterizzate? Sono caratterizzate da clonie ovvero scatti, contrazioni brusche, che partono dal pollice della mano, poi interessano le altre dita, e via via si spostano verso l'arto in senso rostro-caudale o disto-prossimale arrivando quindi ad interessare tutto l'arto superiore, ed in qualche modo all'emi-faccia, che quindi si contrae. Perchè questo andamento? Tale andamento viene chiamato marcia Jacksoniana. Perchè come ricorderete, queste aree (mano, pollice, faccia...)sono le aree MOTORIE maggiormente rappresentate sulla corteccia. Ricorda, infatti, l'omunculus. L'omunculus vale per la sensibilità ma vale anche per la motricità quindi anche per il sistema motorio. Man mano che tale focolaio epilettico scarica, quindi mano mano si ha un incendiamento dei neuroni vicini e dilaga la scarica stessa (l'onda anomala), così dilaga e quindi così si sposta l'interessamento dall'arto superiore fino all'emi-faccia. E' interessante che dopo una crisi/marcia Jacksoniana, l'arto interessato tende ad essere paretico o del tutto paralitico (può avere proprio una paralisi completa). Si chiama paralisi post-critica di Todd ed è dovuta proprio all'esaurimento funzionale dei neuroni che hanno scaricato precedentemente. Ci sono delle varianti in queste crisi motorie, per esempio le crisi posturali in cui l'arto assume una posizione anomala forzata oppure crisi versive che sono caratterizzate dalla rotazione del capo da un parte e dall'altra, poi distinte in ipsi-versive se ruota il capo verso il focolaio e contro/a-versive se ruota il capo in senso opposto. E talvolta se interessa i muscoli della fonazione (anche'essi parte motoria) si può avere un arresto-speech ovvero un arresto dell'eloquio e quindi della fonazione. Qualche volta il paziente si interrompe e deve ripetere parole. Ancora, fanno parte delle crisi parziali semplici (senza compromissione di coscienza) quelle cosiddette somato-sensitive o sensoriali. Dove sarà il focolaio? Nelle aree sensitive quindi nella circonvoluzione parietale ascendente. Le caratteristiche sono la presenza di parestesie, soprattutto formicolii con progressione topografica analoga a quella vista nella crisi motoria: la spiegazione anatomica è la stessa. Questi formicoli (che credo abbiate visto anche nella crisi emicranica con aura) partono proprio dalla punta, mano, braccio, poi faccia. Però possono essere interessate tutte le modalità di senso. Se il focolaio dovesse essere localizzato per esempio nell'area dell'olfatto allora avremo crisi olfattive: il paziente percepisce odori cattivi (cacosmia), iperosmia, iposmia. Sono dette crisi uncinate poiché interessano spesso l'uncus (l'uncino dell'ippocampo) Possono essere presenti crisi gustative: il paziente percepisce una sensazione di gusto metallico in bocca, amaro, sapido. Crisi uditive: quando il focolaio si trova nelle aree dell'udito (circonvoluzione temporale trasversa), i pazienti sentono rumori, fruscii (caso degli acufeni), soffio di un treno che corre. Nelle crisi complesse che vedremo dopo i pazienti sentono voci, musiche, parole. Crisi visive: focolaio nelle aree visive, lobo occipitale. Il paziente ha effetti sensoriali positivi semplici, ovvero visioni di lampi, vede di più, vede lampeggiare. Oppure vede di meno, caso dello scotoma. Nelle crisi complesse i segni visivi stessi sono più complessi, il paziente vede le reche??? figure, facce. Nelle crisi parziali quando il focolaio si trova nelle aree connesse all'integrazione autonomica (es ipotalamo) i pazienti possono avere segni dis-autonomici ed ecco le sensazioni epigastriche, pazienti che riferiscono che sentono qualcosa che sale dal basso verso l'alto, per esempio dallo stomaco verso l'alto; pallore, sudorazione, pupilla che si dilata (midriasi), insomma tutti fenomeni classici dell'attivazione del SN vegetativo. Ancora, crisi in cui il focolaio si trova nelle aree temporali, che sono associative, collegate a molte altre aree cerebrali, anche strutture limbiche. Aree e strutture che integrano molte funzioni dell'emozione, della memoria, della paura, della rabbia, il tono dell'umore. Infatti, in queste crisi dette psicomotorie o temporali, il paziente può avere veramente molti tipi di disturbi come sensazioni di irrealtà, estraneità all'ambiente, qualche volta manifestazioni di profonda angoscia e depressione o al contrario, manifestazioni di esaltazione fino all'estasi (impressione di vedere, parlare con Dio), depersonalizzazione, visione di sogni da svegli (onirismo) alla cui trama il paziente partecipa da estraneo o in maniera attiva come se ne facesse parte. Crisi dismnesiche: il paziente ha l'impressione di aver già visto una cosa (déjà-vu) o di non averla mai vista ( jamais-vu) , sensazione di aver già vissuto una situazione ( déjà-vécu) ecc..
Crisi affettive: illusioni e allucinazioni. In questi casi è difficile fare diagnosi precisa di epilessia. Spesso il paziente è già stato dallo psichiatra. Bisogna pertanto porre il paziente in DD, con grande difficoltà, fra malattia psichica e crisi psicomotoria o temporale. Cosa depone per una crisi ed una pseudo-crisi? La consapevolezza dell'estraneità del disturbo depone verso la natura epilettica del disturbo stesso. Il paziente, quando interrogato, dice di aver visto qualcosa ma di non crederci, ha sperimentato delle sensazioni che il paziente critica. Il fatto che il paziente critichi già depone verso la natura vera o epilettica. Cos'altro depone per una crisi? Modalità di insorgenza indipendente dal contesto. Se fosse di natura psicogena-psichica ci sarebbe stato qualcosa di scatenante: un litigo con i genitori, un litigio con la fidanzata, una situazione di grande stress emotivo, a volte nei pazienti che hanno fenomeni isterici e conversivi (?) la presenza stessa del medico scatena una manifestazione. Questa circostanzialità dei fenomeni che si sviluppano in un certo contesto vi fa deporre verso una forma psichica e non epilettica. Anche la durata: difficile che una crisi epilettica dura + di un minutino, due minutini. Quando si tratta di un fenomeno psichico può andare avanti anche ore. Inoltre,la presenza di crisi epilettiche con manifestazioni diverse: un paziente che ha una crisi temporale; se ha nella sua anamnesi altri tipi di tipi di crisi epilettiche vi fa orientare verso una natura veramente epilettica. E poi, insostituibile, un EEG con valutazione di alterazioni. In generale, queste crisi comunque (psicomotorie o temporali) sono le + difficili da distinguere da disturbi psichici, ansia, isteria, conversione (ritorna anche qui), attacchi di panico.
Abbiamo inoltre parlato la volta scorsa di una condizione intermedia: crisi parziali secondariamente generalizzate o con secondaria generalizzazione. Cosa succede in questi casi? La forma inizia come parziale quindi il paziente conserva la coscienza e la crisi si svolge sotto gli occhi del paziente ma ad un certo punto si ha la perdita di coscienza e la crisi diventa generalizzata.
Qui vedete la classificazione più moderna delle epilessie, secondo ILAE ( International Leangue Against Epilepsy ) In questo diagramma si racchiude tutto quello che noi sappiamo e che dobbiamo sapere.
Classificazione delle crisi epilettiche:
- generalizzate, originano e rapidamente coinvolgono circuiti bilaterali
- focali, originano in circuiti limitati ad un solo emisfero
- ignote (evidenze insufficienti per caratterizzarle come generalizzate o focali o entrambe)
Notare la distinzione fra crisi ed epilessia ovvero la malattia epilettica.
Qualche volta i tipi di epilessia formano le sindromi epilettiche, più complesse, es paziente con epilessia ed encefalopatia o malattia vasale. Sulla destra notiamo le cause dell'epilessia.