Dunque la volta scorsa avevamo fatto giusto la definizione iniziale di epilessia.
Come diciamo noi neurologi, una rondine non fa primavera: tutti possono andare incontro ad una crisi epilettica (crisi epilettica occasionale che non è affatto epilessia) Per parlare di epilessia è necessario che vi siano caratteristiche ben definite, la prima delle quali è la ripetitività degli episodi, la ripetitività delle manifestazioni cliniche.
Le crisi epilettiche hanno breve durata, per fortuna, poiché compiendosi in assenza di respirazione ed ossigenazione sarebbero pericolose per la vita e possono essere seguite da una fase post-critica anche di alcune ore.
Abbiamo distinto le crisi in un'ampia classificazione elettro-clinica e crisi generalizzate & polifocali o parziali. La discriminante è la perdita di coscienza. 
  1. Nelle crisi generalizzate, da un punto di vista elettrico, si ha un coinvolgimento sin dall'inizio di entrambi gli emisferi cerebrali, come del resto si vede dall'eletto-encefalogramma, e le manifestazioni motorie se presenti  sono bilaterali e di solito abbastanza simmetriche. 
  2. Nelle crisi focali o parziali, dal punto di vista elettrico, almeno inizialmente c'è un interessamento limitato di un emisfero anzi più precisamente di un focolaio (come è rilevabile ad EEG) e se ci sono manifestazioni motorie sono limitate ad un emi-soma. Le forma parziali sono a loro volta distinte in semplici e complesse a seconda della presenza di un restringimento di vari gradi, anche massimi, dello stato di coscienza. Cosa si intende per restringimento dello stato di coscienza? Si intende una perdita di contatto con l'ambiente, il soggetto non è responsivo, non ha consapevolezza. Possono esserci manifestazioni motorie, di solito discrete, per esempio molto frequenti sono gli ammiccamenti ovvero contrazioni orbicolari delle palpebre oppure una certa attività automatica motoria (es il paziente continua a controllare se è abbottonato oppure no, accendono e spengono il cellulare, portano alla bocca una sigaretta immaginaria; insomma una serie di automatismi motori) 
Vi sono alcune varianti. Assenza atonica, quando c'è una risoluzione, una perdita del tono posturale. Assenza a componenti toniche o ipertoniche in estensione e flessione. Qualcuno identifica anche assenze con componenti vegetative. Vi dico fin d'ora che queste assenze sono frequenti nei bambini, tale forma spesso riconosciuta dalle maestre, in età infantile-scolare. 
Adesso invece vediamo le crisi generalizzate tonico cloniche dette di grande male. Da cosa sono caratterizzate? Il paziente perde coscienza e la perde in maniera improvvisa, non preavvertita; a volte preceduta da un grido (il grido del pavone), poi cade a terra; cadendo all'improvviso si fa male. In sede di raccolta dell'anamnesi è importante sapere che il paziente si è fatto male: non ha avuto il tempo di sedersi o di essere aiutato. Poi abbiamo una contrazione tonica (fase tonica), che comporta un irrigidimento del paziente ed anche un serramento della mandibola tale per cui la lingua può essere ferita, emissione di bava sanguinolenta, molto frequente (addirittura il paziente si taglia di netto la lingua, il cosiddetto morsus. Nella fase tonica si spiega la perdita di urina (rilievo anamnestico: il paziente ha perso le urine? Talvolta anche feci). Ad un certo punto da questa fase tonica, caratterizzata da irrigidimento ovvero da un tetano completo, il paziente passa a delle contrazioni cloniche, il tetano quindi si fa incompleto; e comincia ad avere queste scosse ad entrambi gli arti (stiamo parlando di epilessia generalizzata) con una durata grosso modo di uno-due minutini. Segue poi una fase in cui il paziente è completamente inerte, addormentato; di fatto in coma: si parla di coma post-critico e può durare anche parecchie ore. Quando il paziente si sveglia la prima cosa che fa è chiedersi dov'è, cosa sia successo, poichè non ricorda assolutamente nulla di quanto accaduto; è piuttosto confuso e può avere mal di testa. Questa è la cosiddetta crisi tonico-clonica completa. Sappiate che può esservi una crisi tonica nella quale mancheranno le scosse, quindi la componente clonica. Oppure ci può essere una fase direttamente clonica, nella quale manca il precedente irrigidimento. O addirittura a-tonica: il paziente non si irrigidisce neanche ma immediatamente perde il tono posturale e rimane flaccido. Sono varianti della grande crisi, di grande male. Infine c'è anche una crisi di grande male detta mio-clonica, non solo grandi scosse cloniche ma mio-clonie più discrete degli arti e quando interessano quelli inferiori possono determinare la caduta del paziente. Di solito il paziente cade fuori dal poligono di appoggio: non si affloscia ma tende a cadere proiettato fuori dal poligono di appoggio. 
Crisi affettive: illusioni e allucinazioni. In questi casi è difficile fare diagnosi precisa di epilessia.  Spesso il paziente è già stato dallo psichiatra. Bisogna pertanto porre il paziente in DD, con grande difficoltà, fra malattia psichica e crisi psicomotoria o temporale. Cosa depone per una crisi ed una pseudo-crisi? La consapevolezza dell'estraneità del disturbo depone verso la natura epilettica del disturbo stesso. Il paziente, quando interrogato, dice di aver visto qualcosa ma di non crederci, ha sperimentato delle sensazioni che il paziente critica. Il fatto che il paziente critichi già depone verso la natura vera o epilettica. Cos'altro depone per una crisi? Modalità di insorgenza indipendente dal contesto. Se fosse di natura psicogena-psichica ci sarebbe stato qualcosa di scatenante: un litigo con i genitori, un litigio con la fidanzata, una situazione di grande stress emotivo, a volte nei pazienti che hanno fenomeni isterici e conversivi (?) la presenza stessa del medico scatena una manifestazione. Questa circostanzialità dei fenomeni che si sviluppano in un certo contesto vi fa deporre verso una forma psichica e non epilettica. Anche la durata: difficile che una crisi epilettica dura + di un minutino, due minutini. Quando si tratta di un fenomeno psichico può andare avanti anche ore. Inoltre,la presenza di crisi epilettiche con manifestazioni diverse: un paziente che ha una crisi temporale; se ha nella sua anamnesi altri tipi di tipi di crisi epilettiche vi fa orientare verso una natura veramente epilettica. E poi, insostituibile, un EEG con valutazione di alterazioni. In generale, queste crisi comunque (psicomotorie o temporali) sono le + difficili da distinguere da disturbi psichici, ansia, isteria, conversione (ritorna anche qui), attacchi di panico. 
Abbiamo inoltre parlato la volta scorsa di una condizione intermedia: crisi parziali secondariamente generalizzate o con secondaria generalizzazione. Cosa succede in questi casi? La forma inizia come parziale quindi il paziente conserva la coscienza e la crisi si svolge sotto gli occhi del paziente ma ad un certo punto si ha la perdita di coscienza e la crisi diventa generalizzata. 
Qui vedete la classificazione più moderna delle epilessie, secondo ILAE ( International Leangue Against Epilepsy ) In questo diagramma si racchiude tutto quello che noi sappiamo e che dobbiamo sapere.
Classificazione delle crisi epilettiche:
  1. generalizzate, originano e rapidamente coinvolgono circuiti bilaterali
  2. focali, originano in circuiti limitati ad un solo emisfero
  3. ignote (evidenze insufficienti per caratterizzarle come generalizzate o focali o entrambe)
Notare la distinzione fra crisi ed epilessia ovvero la malattia epilettica.
Qualche volta i tipi di epilessia formano le sindromi epilettiche, più complesse, es paziente con epilessia ed encefalopatia o malattia vasale. Sulla destra notiamo le cause dell'epilessia.