I versi in
...... sono estratti dal famoso monologo pronunziato da Giulietta nella Scena
II della forse più nota tragedia shakespeariana,
Romeo and Juliet, in cui la giovane e inesperta protagonista nella
sua appassionata invocazione mostra di non comprendere quanto importante possa
essere un nome per chi lo porta, e che privando Romeo del suo nome, lo priverebbe
di una parte molto importante di sé; senza contare che tale affermazione getta nel
più profondo sconcerto i linguisti che si occupano di onomastica, i quali, al
contrario, sono ben consapevoli che i nomi e il sistema onomastico in cui essi sono
inseriti hanno una loro storia, ci parlano anche a distanza di tempo dei valori
e della devozione del popolo cui appartengono, e “preservano sempre qualcosa
della cultura e del popolo che li ha prodotti. Sono come insetti fossili in un
pezzo di ambra”.
[1] Inoltre, specialmente nei
casi in cui popolazioni, come la
gens
longobarda, non hanno affidato, o non hanno voluto affidare, la propria lingua
alla scrittura, l’onomastica, e l’antroponimia in particolare, assume un valore
straordinario come fonte storico-linguistica che contribuisce a gettar luce
anche su aspetti socio-culturali, che rischierebbero altrimenti, in mancanza di
fonti dirette, di rimanere ignoti.
[1]
Wolfgang Haubrichs,
“Langobardic personal names: given names and name-giving among the Langobards”,
in The Langobards before the Frankish
Conquest. An Ethnographic Perspective, a cura di
Giorgio Ausenda, Paolo Delogu e Chris Wickham, Boydell, Woodbridge, 2009, pp.
195-250.