e trattamento di acque reflue \cite{articlec}. L’inquinamento di BTEX in acqua e dovuto invece a scarichi di acque reflue da processi industriali, rilascio di prodotti di serbatoi di stoccaggio e uso di solventi\cite{articleb}. Questi composti arrivano all’uomo tramite ingestione, inalazione ed esposizione cutanea e possono provocare danni come: debolezza, affaticamento, perdita di appetito, confusione e nausea, irritazione della pelle, degli occhi, delle mucose e carenza del sistema nervoso, fino ad insorgenza di anemia e leucemia.
Tra i contesti industriali che utilizzano ampiamente nei processi lavorativi sostanze organiche volatili, esistono diverse tipologie di intervento che permettono di ridurre le emissioni di questi composti in atmosfera e possono essere sintetizzate in quattro punti fondamentali\cite{article}, come di seguito elencati:
- Riduzione alla fonte: utilizzo di sostanze meno inquinanti o processi produttivi che non generano impatto ambientale come ad esempio l’uso di vernici a base acquosa;
- Utilizzo razionale: in presenza di strutture obsolete o poco efficienti si deve pensare ad una manutenzione preventiva o rinnovo degli impianti e si deve formare il personale al fine di ottimizzare il consumo delle sostanze impattanti;
- Confinamento: è necessario confinare la manipolazione di determinate sostanze ad alcune aree dello stabilimento;
- Abbattimento: utilizzare tecniche per il trattamento degli effluenti gassosi contenenti composti nocivi laddove esistano metodiche economicamente sostenibili in modo da ridurre i quantitativi di inquinante immesso nell'ambiente.
Le tecnologie usate per l’abbattimento dei BTEX e del toluene in particolare possono essere suddivise in due grandi famiglie\cite{VANDURME2007161}:
- Tecnologie di trattamento chimico-fisico: usano delle piattaforme, ma le applicazioni per l’abbattimento dei gas di scarico carichi di toluene, con portate elevate e concentrazioni basse di COV non sono fattibili a livello economico.
- Processi biologici: alternative a basso costo, di cui ricordiamo i Filtri Biotrickling (BTF) che riducono costi operativi e presentano migliore stabilita del processo ma incontrano problemi in caso di concentrazione elevata di COV, che porta una crescita eccessiva di biomassa e ad una limitazione dell’ossigeno disponibile. Un’alternativa è data dai Fotobioreattori algali-batterici (TPBR) che sfruttano la sinergia tra microalghe e batteri e prevengono la limitazione di O2 oltre alla crescita di biomassa.
L'aria contaminata entra nell'impianto in controcorrente ad un flusso di acqua di riciclo in una colonna a materiale impaccato. I microorganismi aderiscono come biofilm sul materiale impaccato e degradano i contaminanti che passano in colonna. Il sistema impiega un mezzo di supporto di tipo sintetico inorganico (ceramica pellettizzata o materiale a struttura monolitica con specifica geometria superficiale che aumenta l'area di contatto) e realizza una migliore e più uniforme distribuzione del gas ed un migliore contatto tra microorganismi e gas rispetto al sistema a biofiltrazione. In particolare, il processo di ricircolazione dell'acqua favorisce il controllo del pH, del quantitativo dei nutrienti e della densità del biofilm. Come con il sistema a bioscrubbing, si verifica un aumento del contenuto salino e si possono applicare le stesse misure di prevenzione già descritte.