Il caso studio
Di seguito si riporta l'analisi di un caso studio dove per la bonifica di alcuni terreni contaminati dalla fuoriuscita di petrolio da una raffineria della zona è stata applicata la tecnica delle biopile \cite{Hazen_2003} e con l’ ulteriore finalità di trasformare le lagune circostanti in una zona verde che servisse come barriera visiva tra la raffineria e la città.
I rifiuti erano composti da idrocarburi aromatici paraffinici (IPA), benzo(a)pyrene e BTEX \cite{_ebkowska_2011}, ed erano individuati come contaminanti desatanti maggiore preoccupazione. Circa 3.300 m3 di terreno contaminato furono sottoposti a trattamento mediante il quale veniva impiegata una combinazione di areazione attiva e passiva, applicata attraverso un sistema di piezometri in tutta la biopila \cite{P_aza_2003}, congiuntamente all’applicazione di nutrienti e tensioattivi per incrementare la biodegradazione dei contaminanti più considerevoli.
Pertanto, il terreno contaminato veniva miscelato con fertilizzanti minerali e trucioli di legno, coperto con uno strato di dolomite e, successivamente, con terreno non contaminato unitamente all’installazione di un sistema di drenaggio e raccolta del percolato.
L’obiettivo principale di questo progetto su larga scala era quello di caratterizzare, valutare e bonificare una di queste lagune. Nello specifico lo scopo del progetto era di ridurre il rischio ambientale dai composti di idrocarburi paraffinici aromatici (IPA) nel terreno. Quest’ultimo è stato caratterizzato usando la metodologia Expedited Site Characterization sviluppata dal DOE.
Un progetto di biopile impiegava una combinazione di areazione attiva tramite iniezione ad aria, e passiva tramite pompaggio barometrico, insieme all’applicazione di nutrienti e tensioattivi venne usato per incrementare la biodegradazione dei contaminanti più rilevanti.