ABSTRACT
La complessità del mondo della cura ha fra le sue espressioni più
indagate quella del paziente fragile, nonostante la sua definizione sia
ancora dibattuta. Questo studio è il tentativo di utilizzare uno
strumento messo a punto in ambito sociologico, l’Analisi Qualitativa
Comparata, per ridurne la complessità descrittiva. La modalità olistica
di questo approccio consente, anche nel campo della cura, di cogliere
l’aspetto multi-dimensionale del paziente fragile, risultando utile alla
sua analisi.
Parole chiave : fragilità - AQC – tavola di verità –
algebra booleana – olismo
The complexity of the world of care has among its most investigated
expressions that of the frail patient, although its definition is still
debated. This paper describes the attempt to use a tool developed in the
sociological field, Comparative Qualitative Analysis, to reduce its
descriptive complexity. The holistic modality of this approach allows,
also in the field of care, to grasp the multi-dimensional aspect of the
frail patient, resulting useful for his analysis.
Key words : fragility - AQC - truth table - Boolean algebra -
holism
Da molti anni, la comunità medica, spinta della necessità di guardare il
malato non solo come portatore di patologia ma anche di un patrimonio di
motivazioni, esperienze, cultura, credenze, connessioni sociali ed
ambientali, ha iniziato a riconsiderare il modo stesso di definire la
malattia, le sue conseguenze, l’opportunità e perfino l’eticità di
alcune pratiche di cura, soprattutto quando la malattia si inserisce in
un quadro non complicato ma complesso, ossia quando la malattia stessa
modifica, in modo spesso imprevedibile, una serie di fattori che non
sono solo di natura biochimica o fisica ma anche psicologica, sociale,
economica ed etica, determinando uno squilibrio al quale non è
sufficiente rispondere con la sola terapia medica.
Sono così diventate sempre più frequenti le connessioni e gli intrecci
fra discipline e materie diverse, praticate da professionisti e studiosi
che dal proprio punto di vista approcciano la complessità dell’individuo
malato.
Questo contributo va in questa direzione, nella convinzione che la
complessità del mondo contemporaneo, compresa quella medica e sanitaria,
non possa essere affrontata da prospettive singole ma dalla cooperazione
fra gli studiosi di discipline scientifiche diverse.
Lo scopo di questo studio è stato quello di verificare se uno strumento
di ricerca, denominato Analisi Qualitativa Comparata (AQC), utilizzato
nelle scienze sociali, potesse essere utile per analizzare un fenomeno
che si presenta nel campo della cura medica e che è stato definito
“paziente fragile” (PF).
Il paziente fragile è oggi fra le espressioni più studiate della
complessità del mondo della cura perché ne rappresenta più di altre la
difficoltà di descrizione e di definizione nonché la natura
multi-dimensionale, interconnessa e non di rado contraddittoria.
La definizione di paziente fragile è tuttora un processo in evoluzione
le cui tappe non riguardano le finalità di questo articolo però, sebbene
manchi una versione definitiva e condivisa fra i professionisti della
salute al momento, ci sono alcuni elementi che la caratterizzano e che
possiamo così sintetizzare: la fragilità è una condizione che coinvolge
prevalentemente soggetti anziani, affetti da patologie, disabili, con
difficoltà mnemoniche e di \ref{109077}.\ref{109077}dizione può essere complicata da fattori socio-economici come
solitudine, difficoltà relazionali o povertà.
Soprattutto in ambito geriatrico si sono fatti sforzi per estendere il
concetto di fragilità a dimensioni che non siano solo quelle fisiche e
cliniche2,
proponendo l’utilizzo di strumenti di valutazione multidimensionale per
soggetti anziani, pur riconoscendone la difficoltà di utilizzo in ambito
clinico33Pilotto A., Ferrucci L., Verso una definizione
clinica della fragilità:utilità dell’approccio multidimensionale ,
G.Gerontol. 2011, 59, pp.125-29.
Il concetto di paziente fragile, come tutti i concetti, dipende da quali
casi si hanno in mente quando lo si definisce, per cui occorre porre
molta attenzione ad inserire oppure omettere un criterio fra quelli che
contribuiscono alla sua generalizzazione.
Questa accortezza non sembri una semplice questione di procedura teorica
perché le implicazioni possono essere molto concrete se, ad esempio, le
immaginiamo nella sfera delle politiche socio-sanitarie. Da qui la
necessità di approfondire la conoscenza di questo fenomeno da
prospettive diverse.
L’dea di partenza è stata quella di valutare la fragilità di un paziente
non come unica condizione, quale viene considerata dal punto di vista
medico44De Toni A., Giacomelli F., Ivis S., Il mondo invisibile
dei pazienti fragili, Utet Università, 2010, ma come una
configurazione di condizioni, in altre parole che la fragilità sia
esaminata come un tutto, le cui cause sono collegate fra loro e possono
essere analizzate solo nel contesto del caso e non separatamente come
spesso avviene.
In genere, in ambito medico, la fragilità viene catalogata fra i
fenomeni complessi 55(ibidem), ossia quelli nei quali le
variabili sono molte e le relazioni fra esse non sono di tipo lineare.
In generale però, aldilà dell’azione classificatoria, l’assunzione di
una tecnica di indagine basata sulle singole variabili non appare idonea
a ridurre la complessità di analisi di questo fenomeno.
Come appare evidente nelle definizioni su riportate, spesso vengono
prese in esame le variabili che contribuiscono, con grado diverso, a
determinare la condizione di fragilità. In altre parole, la fragilità è
considerata l’output delle variabili anzianità, multi-patologie
croniche, disabilità, solitudine, ecc.
Nelle ricerche che si basano sulle tecniche statistiche di indagine
multivariata si cercano proprio le cause multiple congiunturali, o
meglio, si cerca di stimare il contributo di ciascuna causa. Le singole
cause possono, indipendentemente l’una dall’altra, incrementare o
ridurre la probabilità che un certo risultato si verifichi oppure il suo
livello di intensità o la sua consistenza.
Ipotizziamo che da un’indagine di questo tipo emerga che un problema di
salute , ad esempio il diabete, aumenti del 10% la possibilità del
paziente di diventare fragile e che un altro problema, la solitudine,
aumenti tale probabilità del 20%. La conclusione che ne può
coerentemente derivare è che il diabete sommato alla solitudine comporti
per il paziente un aumento del 30% della probabilità di diventare
fragile. Ma stimare il contributo di ogni singola causa
indipendentemente dalle altre non raggiunge l’obiettivo di trovare la
configurazione di condizioni che determinano la fragilità.
Per le finalità della medicina, stimare in termini probabilistici la
possibilità che un determinato evento, ad esempio una malattia, accada è
di fondamentale importanza e questo tipo di approccio ha contribuito a
produrre nel corso del secolo scorso i grandi successi raggiunti, sia
nella prevenzione che nella terapia, però questo metodo non è
altrettanto efficace nell’analisi di situazioni complesse nelle quali le
variabili interferiscono l’una con l’altra e spesso non appartengono
nemmeno allo stesso dominio, come nell’esempio sopra citato.
La solitudine, la scarsità di risorse economiche o le difficoltà
relazionali non sono pertinenza della scienza medica ma delle scienze
sociali, politiche o psicologiche.
E’ per questo che si è pensato di utilizzare, in una situazione
complessa come quella del cosiddetto paziente fragile, un approccio che
è stato sviluppato nel campo della sociologia. Questo vuol dire anche
aggiungere una dimensione sociale ad un fenomeno considerato
prevalentemente dal punto di vista medico.
Definire fenomeni, situazioni o condizioni complesse comporta
inevitabilmente il tener conto di alcuni aspetti e di trascurarne altri
per non affondare in un mare di dettagli ma, fra la perfezione di un
modello lineare nel quale A è causa di B e l’indescrivibilità del caos
esistono molti stati intermedi che vale la pena indagare.
Provare ad aggiungere ulteriori elementi che contribuiscono a definire
un fenomeno o una situazione, non vuol dire necessariamente aumentarne
la complessità, anzi, si possono adoperare metodi che servono a
utilizzare ciò che è già noto per scoprire nuove dimensioni attraverso
l’uso della logica.
Uno di questi metodi è stato descritto da Lazarfeld e Barton, i quali
così suggeriscono di affrontare tali situazioni:
“ [..] l’analisi delle osservazioni qualitative deve
affrontare una massa di fatti particolari di tal numero e varietà che
non sembra pratico trattarli separatamente [..]. In tale
situazione il ricercatore elaborerà un concetto descrittivo ad un
livello superiore che cercherà di raggruppare e riassumere una grande
abbondanza di osservazioni particolari in una singola formula .”
66Lazarsfeld, P.F., Metodologia e ricerca sociologica ,354-356 , Il Mulino, 1967.
Un tale concetto descrittivo è quello di paziente fragile che
esprime le caratteristiche del paziente in una formula sintetica, in una
tipologia empirica formata a partire dalle combinazioni dei valori delle
variabili.
Costruire una tipologia vuol dire dare un nome unico ad una varietà di
situazioni o cose che stanno insieme in modo frequente.77Becker
H.S., Tricks of the Trade , University of Chicago Press, 1998,
ed it. I trucchi del mestiere , Il Mulino, 2007 I metodi
utilizzabili per ottenere queste tipologie sono concepiti per gestire e
utilizzare la varietà delle situazioni rilevabili empiricamente.
Si è già accennato all’inefficacia di alcune tecniche statistiche
nell’analisi di fenomeni complessi, nei quali più che il contributo di
ciascuna variabile al risultato che interessa, è importante individuare
le configurazione dei fenomeni che, variamente combinati, producono il
risultato stesso. A tal scopo Charles Ragin ha sviluppato il metodo
dell’Analisi Qualitativa Comparata88Ragin C.C.,The
Comparative Method: Moving beyond Qualitative and Quantitative
Strategies , University of California Press, 1987. detta anche
analisi booleana perché basata sull’algebra logica elaborata dal
matematico inglese George Boole.
Uno strumento fondamentale di questo metodo logico va sotto il nome di
tavola di verità e serve a ridurre la complessità della gestione di
molte configurazioni di situazioni, ossia di variabili, con il grande
vantaggio di evitare il rischio di ometterne per errore qualcuna, in
quanto la logica soggiacente al metodo garantisce che, con quelle
variabili, non ci sono e non possono esserci altri tipi di
configurazione oltre a quelli individuati. 99Becker H.S.
(op.cit.)
Un metodo probabilmente più conosciuto è quello che prevede la
costruzione di tabelle a doppia entrata nelle quali le variabili si
incrociano fra loro per determinare le tipologie possibili. Per fare un
esempio (tab.1), scegliamo due variabili, esposizione ad un fattore di
rischio e sviluppo di una malattia, e le facciamo incrociare dando luogo
a quattro tipologie: malato esposto, sano esposto, malato non esposto e
sano non esposto.