L'AIA nella legislazione italiana e inglese 

La Direttiva 96/61/CE (Direttiva IPPC) è stata recepita In Italia prima con il D. Lgs. 372/1999 “Attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento” e poi con il D. Lgs. 59/2005 “Attuazione integrale della Direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento" \cite{benedusi2019}.  Attualmente la norma di riferimento è il D. Lgs. 46/2014 che ha apportato modifiche al D. Lgs. 152/2006 (TUA) \cite{carbone}.  L’autorità competente del provvedimento di AIA è la Regione (secondo le disposizioni delle leggi regionali e provinciali) per gli impianti dell’allegato VIII alla Parte Seconda del D. Lgs. 152/06 e ss.mm.ii., mentre lo è il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare per quelli dell’allegato XII.  L’AIA ha una durata di cinque anni (10 per gli impianti riportati al punto 6.6 dell’allegato VIII alla Parte Seconda), ma può essere estesa a sei o otto anni nel caso in cui l’impianto sia in possesso di certificazioni ambientali ISO 14001 e/o EMAS (Gruppo Maurizi).  Sostituendo tutte le autorizzazioni in campo ambientale, l’AIA costituisce una semplificazione amministrativa. Per il suo rilascio, il gestore dell’impianto richiedente presenta una domanda firmata e con marca da bollo all’ufficio competente e una sintesi non tecnica con in allegato l’attestazione del pagamento delle spese di istruttoria e controllo di cui al D.M. 24.4.2008. L’autorità competente, entro 30 giorni dal ricevimento della domanda, comunica al gestore la data di avvio del procedimento il quale nei successivi 15 giorni deve pubblicare la notizia sul sito web. Nei 15 giorni dopo, l’autorità competente raccoglie le eventuali osservazioni e la Conferenza dei Servizi entro 150 giorni deve procedere con il rilascio o meno dell’autorizzazione. Essa però può richiedere integrazioni o specificazioni da presentare in un arco temporale massimo di 90 giorni. Un altro elaborato è la Relazione tecnica, un documento riassuntivo delle informazioni riportate nelle schede redatte dal tecnico abilitato che si compone di una parte descrittiva e di elaborati grafici. Per quanto riguarda il sistema di autorizzazioni ambientali del Regno Unito, questo ha subìto cambiamenti nel tempo. Dal 1995 il Paese si è dotato di un’unica autorità per le problematiche ambientali, costituendo un notevole vantaggio per il passaggio ad un approccio integrato, e nel 1999 il PPC “Pollution Prevention and Control Act” implementa la Direttiva IPPC. Ad oggi in letteratura sono scarse le applicazioni della Direttiva IPPC, per cui si fa riferimento all’iter tecnico-amministrativo della precedente direttiva (IPC) che ha posto le basi per il nuovo sistema autorizzativo (ISPRA).  Anche in questo caso il gestore dell’impianto presenta la domanda fornendo dati quali nome, indirizzo per la corrispondenza, dati relativi alla registrazione dell’impianto, la sede in cui sarà svolto il processo, descrizione del processo, se l’impianto è nuovo o esistente e le sue caratteristiche, cosa si produce e in che quantità, ecc. Questa viene pubblicata su una rivista locale, di cui una copia depositata nel registro pubblico tenuto dall’Her Majesty’s Industrial Pollution Inspectorate (HMIPI) ovvero Ispettorato per l’inquinamento industriale, e altre copie vengono inviate ad enti e autorità locali che insieme al pubblico possono produrre le osservazioni in massimo 28 giorni. Se non ve ne sono l’autorizzazione viene rilasciata, ma sarà comunque soggetta a revisione dopo quattro anni, momento in cui l’ispettore terrà conto dei risultati dei monitoraggi, dei cambiamenti economici e tecnologici, al fine di promuovere l’adozione di tecnologie pulite \cite{Naddeo_2021} \cite{Zarra_2019} \cite{publishing} \cite{naddeo2020} \cite{choo2020} \cite{anderson2021}