Introduzione

La contaminazione delle acque rappresenta un problema sempre crescente e notevolmente attenzionato anche se occorre differenziare il problema in base alla natura del refluo e di conseguenza, alla possibile tipologia di contaminante presente. Alcuni processi industriali come per esempio l’estrazione mineraria, producono acque reflue ricche di metalli pesanti ,che possono dar luogo, con diversi percorsi, a processi di contaminazione nelle zone circostanti, diventando di fatto fattori di rischio per la salute umana \cite{Liang2017}.Risulta quindi fondamentale il trattamento di queste acque per la rimozione dei metalli pesanti prima dello scarico, sia per rispettare i limiti imposti dalla legge, sia perché la presenza degli stessi, in determinate concentrazioni, comporta l’accumulo nel corpo umano e conseguente tossicità \cite{Abdulkarem2021}. La rimozione può essere effettuata con svariati processi che hanno caratteristiche, vantaggi, svantaggi ed efficienze di rimozione diverse e condizionate dalle condizioni di esercizio come il ph, tipologia di contaminate e concentrazione del contaminante stesso \cite{Bolisetty2019}. Si precisa innanzitutto che in genere vengono considerati come metalli pesanti quegli elementi che hanno una densità maggiore di 5 g/me pesi atomici compresi tra 200,6 e 63,5 \cite{ABDULLAH201917,SRIVASTAVA20081}.

I processi a membrana per la rimozione dei metalli pesanti

Uno dei processi che merita sicuramente un approfondimento per la rimozione dei metalli pesanti è il trattamento dei reflui attraverso l’utilizzo di membrane. Questi processi negli ultimi anni stanno riscontrando un interesse crescente oltre all’applicazione in diversi settori per la rimozione di contaminanti diversi, tra cui ovviamente anche gli ioni metallici. Esistono diverse tipologie di membrane e di conseguenza svariati processi, ma benché siano diversi i processi e le tipologie di membrane, risulta essenziale la funzione della membrana di fungere da barriera fisica per il processo di filtrazione \cite{ABDULLAH201917}. Per capire il meccanismo appena detto possiamo immaginare la membrana come se fosse un filtro chiuso con dei fori coincidenti con i pori della membrana attraverso cui far passare il refluo con all’interno i contaminanti, se le dimensioni dei contaminanti sono maggiori delle dimensioni dei fori e quindi dei pori, risulta chiaro che è fisicamente impossibile il passaggio degli stessi e quindi vengono fisicamente bloccati. Questo processo, quindi, è sicuramente efficace nelle condizioni in cui le dimensioni dei pori risultano compatibili alla rimozione dei metalli pesanti scelti ma presenta un piccolo problema da tener in considerazione denominato Fouling. Sostanzialmente si può presentare questo problema che consiste nello sporcamento della superfice della membrana, dovuto alla tendenza dell’occludimento dei pori della membrana stessa dal materiale adsorbito o accumulato \cite{scairone2021}. Il fouling comporta una riduzione della superficie filtrante delle membrane \cite{pirozzi2012} perché chiaramente se dei pori vengono occlusi dalle particelle di dimensioni maggiori, essi non saranno più disponibili per effettuare la filtrazione e ciò comporta ad avere maggiori pressioni applicate e la necessità di avere superfici filtranti di dimensioni maggiori \cite{2012,scairone2021}.  Tra i processi a membrana più conosciuti è presente l’ultrafiltrazione (UF), processo in cui la membrana ha dimensioni dei pori compresi tra 0.01mm e 0,1 mm \cite{Bolisetty2019}, queste dimensioni sono maggiori delle dimensioni degli ioni metallici che vogliamo rimuovere di alcuni ordini di grandezza e di consegua questo processo si dimostra inefficacie \cite{ABDULLAH201917,BARAKAT201090,BARAKAT2011361}. Una soluzione per utilizzare UF è quella di aumentare le dimensioni degli ioni metallici attraverso l’interazione con polielettroliti potenziati (PEUF) aggiunti appositamente per consentire il successivo bloccaggio da parte della membrana \cite{ABDULKAREM2021128896,LLORENS2004173}.  L’aggiunta dei polielettroliti comporta costi aggiuntivi e può comportare difficoltà nella gestione dei fanghi venutasi a formare durante il processo \cite{ABDULKAREM2021128896} e per questo molto spesso si preferisce l’adsorbimento. L’adsorbimento è invece un processo nella quale si verifica sostanzialmente un trasferimento di massa dal refluo alla superficie solida \cite{matsuura12018} dell’adsorbente vincolandolo attraverso interazioni che possono essere chimiche o fisiche. L’adsorbimento si presta efficacemente alla rimozione dei metalli pesanti anche a livello economico sia per l’efficienza di rimozione sia per la possibilità di rigenerare dell’adsorbato \cite{FU2011407,Bolisetty2019}. I parametri che influenzano maggiormente il processo sono il ph perché condiziona la solubilità degli ioni metallici in soluzione e il tipo di adsorbenti utilizzati, che possono essere minerali di origine organica o biologica come carboni attivi, zeoliti, argilla, materiali polimerici \cite{CRINI200538,matsuura12018}. il carbone attivo è uno dei più utilizzati.  Gli adsorbenti possono presentare problematiche nella loro rigenerazione per il riutilizzo, nella successiva capacità di adsorbimento e per ovviare a questo problema ci sono forti ricerche nella fabbricazione di membrane composite o nell’utilizzo di adsorbenti alternativi. Le membrane composite possono essere realizzate in cellulosa, che è una risorsa ampiamente presente in natura, permettendo efficienze di rimozione di circa il 45% a ph 7 di Cu2+  con membrana composita cellulosa-poliaclcool vinilico (PVA)\cite{IBRAHIM2019167}. Sempre più spesso si utilizza modificare le membrane composite e non, per aumentare i siti di scambio ionico per consentire un miglioramento nella rimozione degli ioni metallici, che sarebbe trascurabile  con le sole membrane composite \cite{IBRAHIM2019167}. Sostanzialmente si va a modificare la capacità adsorbente della membrana attraverso la sua modifica chimica o incorporazione superficiale di polimeri o nanopartcielle come il fosfato di zirconio  (ZrP)\cite{IBRAHIM2020117250,ZHAO2016564}. In alcuni studi è emerso come la capacità di adsorbanza di ioni metallici come  Pb2+e Ni2+ dipendesse dalla quantità di nanoparticelle incorporate e in particolare più era alto il contenuto di nanoparticelle e maggiore era la capacità di adsorbimento 16. In recentissimi studi si evidenzia come il fosfato di zirconio possa essere un ottimo adsorbente in membrane ad alto flusso(MMF) se utilizzato come nanorimpietivo funzionalizzato incorporato per le sue caratteristiche \cite{YUREKLI201653}. Il processo per la rimozione dei matalli pesanti con membrane si basa sullo scambio ionico e sulle attrazioni elettrostatiche tra la superficie della membrana a matrice mista e ioni di metalli pesanti \cite{ZHAO2016564,IBRAHIM2019167}. Lo zirconio è fortemente indicato per l’elevata capacità di scambio ionico, bassi costi di esercizio ed elevata adattabilità a diverse tipologie di molecole. Mettendo a confronto le efficienze di rimozione delle medesime membrane ma caricate con concentrazioni diverse di ZrP è possibile valutare il fattivo contributo di quest’ultimo. In particolare, è emerso che l’idrofilia è strettamente correlata al caricamento di NP\cite{ZHAO2016564} cosi come l'efficienze di rimozione dei metalli pesanti che però dipendono anche e dalle costanti di idrolisi dei metalli, capacità di scambio di NP, carica delle membrane \cite{Marjani2020}. Si è osservato che a ph 7 l’efficienza di rimozione di Cd2+ è quasi del 45% con membrana caricata con l’1%in massa di ZrP, contro una percentuale inferiore al 15% nell’utilizzo della medesima membrana non caricata, il trend si ripete anche nella rimozione del Pb2+con percentuali crescenti (90%) al crescere della quantità di zirconio incorporato sulla membrana, mentre nel caso ad esempio di Cu2+ e Zn2+l’efficienza di rimozione è stata sicuramente migliore nel caso di membrane caricate con zirconio rispetto a membrane non caricate ma l’efficienza non aumenta in modo proporzionale all’aumentare di Zrp  \cite{ABDULKAREM2021128896}.